Che cosa spinge ad affrontare un lavoro fisicamente impegnativo e logorante, a volte umiliante e quasi sempre mal pagato?

PERCHÉ SI DIVENTA RIDER?

Ecco alcuni dei motivi principali che spingono a diventare rider

Duro, il lavoro del rider. Eppure siamo decine di migliaia a svolgerlo, in Italia. E milioni in tutto il mondo. Cosa ci spinge a scendere in strada?

1. Il motivo più ovvio

Il primo motivo e, come ti puoi ben immaginare, anche quello piĆ¹ diffuso, è per stringenti necessità economiche.

Che tu abbia perso il lavoro o che tu sia un immigrato che comunque deve mantenere la famiglia - qua in Italia o nel Paese di origine - o che tu sia alla canna del gas per qualsiasi motivo, fare il rider ti permette di ottenere una sorta di impiego e guadagnare qualche soldo rapidamente.

2. Non ti vuole nessuno

Hai gravi difficoltà nell'inserirti nel mondo del lavoro, a causa di una fedina penale non proprio pulita? Alla maggioranza delle piattaforme non importa nulla dei tuoi precedenti penali ed è molto probabile che ti assumano.

Sei in cura psichiatrica da anni, con prescrizione di farmaci pesanti e per i tuoi comportamenti un po' sopra le righe non riesci a tenerti nessun lavoro? Alle piattaforme di consegne a domicilio poco importa: a meno che tu non salti addosso a qualcuno con un coltello, il posto è tuo.

3. Per avere un po' di tranquillità

Alcuni colleghi, invece, hanno deciso di diventare rider per arrotondare.

Qui siamo in una situazione economica molto meno di emergenza nel senso che il collega magari ha già qualche altra forma di introito però arriva alla fine del mese con un po' di fatica e qualche centinaio di euro in più al mese gli farebbero comodo.

E quindi si salta in sella, zaino in spalla, quelle tre o quattro sere alla settimana, magari anche solo per due o tre ore e alla fine del mese qualche centinaio di euro in più arrivano.

4. Studenti volenterosi

Un altro motivo per cui si diventa rider è per mantenersi agli studi.

E qui ci sono fondamentalmente due categorie di colleghi.

- Italiani
I primi sono studenti italiani cioè studenti spesso e volentieri fuori sede che, per non gravare sul bilancio della famiglia che li mantiene agli studi, cercano di darsi da fare.

- Stranieri
L'altra categoria, invece, è quella degli studenti stranieri. Mi vengono in mente i colleghi pakistani, iraniani, indiani, afghani, che frequentano l'Università degli Studi, qui a Firenze (Economia, Medicina, Architettura) per i quali le borse di studio non sono sufficienti per mantenersi.

Anche questi rider si vedono a giro quasi sempre solo la sera: infatti la mattina e il pomeriggio seguono le lezioni, ripassano e studiano coi compagni di corso - magari ripassano per un esame imminente - e la sera ci raggiungono in strada.

5. In attesa della pensione

Si diventa rider anche per integrare la buonuscita.

Dispiace dirlo: i casi non sono pochi. Li riconosci facilmente: colleghi non più giovanissimi, non più nel pieno delle forze.

Spesso sono i classici esempi di lavoratori prepensionati con larghissimo anticipo - i cosiddetti esodati - ai quali è sì stata data una liquidazione che però non è affatto sufficiente per arrivare all'età di quando inizieranno a percepire la pensione vera e propria.

E quindi, anche in questo caso, zaino in spalla e via in strada a pedalare.

6. Per non rimanere fermi

E se non ti riesce di stare mai fermo? Semplice: fai il rider!

Diciamo che hai lasciato di tua spontanea volontà un lavoro precedente che ormai non ti faceva più crescere o non ti dava più soddisfazione.

Nel frattempo ti stai aggiornando per conto tuo per riprendere in seguito a lavorare in una posizione differente e migliore.

Sei una di quelle persone che non riescono mai a stare ferme, quelle persone che il buon Jordan Peterson descrive come quelle che, se venissero paracadutate in una foresta, con soltanto un'ascia a disposizione, incomincerebbero a tagliare alberi ventiquattr'ore su ventiquattro perché non sopportano di non far nulla.

Una buona parte della giornata questi colleghi la trascorrono per aggiornarsi e la sera, avendo bisogno di muoversi e di fare qualcosa che comunque lasci guadagnare qualche spicciolo, scendono in strada, zaino in spalla, e stanno con noi.

7. Per non intaccare le proprie risorse

Si diventa rider per non intaccare il proprio patrimonio.

Qualcuno potrebbe stupirsi e chiedere: "Come? Fra i rider ci sono pure dei ricchi?" Be', non proprio ricchi però ci sono dei colleghi che potrebbero tranquillamente vivere di rendita e dei lavoretti - al nero - che svolgono con regolarità.

Hanno ricevuto in eredità un paio di piccoli appartamenti e li hanno messi a rendita. Alla fine del mese si ritrovano un introito fisso che permette loro di vivere serenamente.

C'è stato un periodo in cui l'introito fisso è venuto momentaneamente a mancare e allora hanno dovuto effettuare una scelta: vendere uno degli immobili e garantirsi così svariati anni di rinnovata serenità economica oppure darsi da fare?

Hanno optato per la seconda opzione, diventando rider, in attesa di tempi migliori, senza dover intaccare il loro patrimonio.

Il lavoro è loro piaciuto e, quando è ricominciato il flusso di denaro dagli affitti - e dai lavoretti al nero - hanno deciso di continuare a scendere in strada e far consegne.

Perché no? È un modo per conoscere gente nuova e stare all'aria aperta.

8. Perché il lavoro di rider piace

Sì: il lavoro di rider a qualcuno piace ed è questo un altro motivo che spinge alcuni colleghi a continuarlo a fare.

Immagino che qualcuno dirà: "Come? È un lavoro pesante, a volte umiliante e ci sono rider a cui piace?"

Sì: ci sono rider ai quali il lavoro piace e lo fanno pure da anni e con molta soddisfazione.

Quando le prime piattaforme di consegne a domicilio spuntarono qua in Italia, videro le pubblicità, fecero quattro chiacchiere coi rider che si vedevano all'inizio per le strade e l'idea a loro piacque.

Inviarono la loro candidatura, vennero presi come rider, anche per più di una piattaforma e ancora oggi sono contentissimi del loro lavoro.

9. Per uscire senza restrizioni

Molti sono diventati rider per uscire anche con lockdown e coprifuoco.

Ti ricordo, infatti, che noi rider apparteniamo alla categoria dei lavoratori cosiddetti essenziali e quindi, durante i nostri turni di lavoro, non siamo sottoposti a tutte le restrizioni delle chiusure totali e del coprifuoco e godiamo di una buona libertà di movimento.

Io personalmente, durante i lockdown più duri, ho perso il conto delle volte che magari sapevo che le consegne sarebbero cominciate a piovermi addosso alle sette di sera e prenotavo il turno di lavoro già dalle sei.

Alle sei uscivo - ufficialmente ero in turno - zaino in spalla e andavo a farmi una sgambata in bicicletta, prima di cominciare davvero con le consegne.

Prendevo un po' d'aria, dopo un'intera giornata chiuso in casa.

Ricordo che una volta mi sono inerpicato fino a piazzale Michelangelo, un piazzale che ha una vista mozzafiato sulla mia meravigliosa Firenze.

E così hanno fatto tanti altri: sono diventati rider per muoversi un po', con la giustificazione di essere lavoratori essenziali.

Lavoratori essenziali, malpagati e umiliati: un piccolo privilegio, no?